Come spuntare le armi ai trafficanti di migranti e di richiedenti asilo in 15 mosse

– di Andrea Di Nicola e Giampaolo Musumeci –
autori di “Confessioni di un trafficante di uomini” (Chiarelettere, 2014)

Suggerimenti all’Italia e all’Unione europea

Noi lo sappiamo come lavorano i trafficanti di persone. Li abbiamo incontrati. Abbiamo ascoltato le loro storie. Ci siamo fatti raccontare il loro business: la più spietata agenzia di viaggi del pianeta.

Abbiamo compreso per esempio che i “pesci grandi”, i “burattinai”, quelli che tirano le fila delle operazioni di traffico, stanno nelle retrovie. Gli scafisti, i “passatori” sono solo “pesci piccoli”. E non serve a nulla arrestare solo loro.
Questi imprenditori criminali si parlano, collaborano, si passano clienti, sono i “nodi” di una “rete”. Per loro cooperazione e fiducia sono la chiave per fare affari.
Abbiamo realizzato che la “rete” dei trafficanti muove un fiume di denaro “in nero”, spesso drenato da economie in miseria.

Abbiamo visto che i trafficanti non vivono nell’emergenza. Piuttosto, pianificano con cura. Studiano le vulnerabilità geografiche, normative, fisiche dei nostri sistemi. Le sfruttano e ci si infilano. Cambiano modi e rotte velocemente.
I trafficanti di migranti sono imprenditori razionali, organizzati, opportunisti, venditori di sogni.
I trafficanti sono spesso amati dai loro clienti. Si considerano e vengono considerati “benefattori”. Forniscono sempre più servizi anche ai richiedenti asilo. Quello che l’Europa non fa: permettere a chi scappa dalla Siria di esercitare un suo diritto.
I trafficanti stanno ridendo della disorganizzazione dell’Europa che non fa che alimentare il loro business. L’Europa alimenta il loro lavoro.

Una rete, una fiducia, un’organizzazione, una stabilità, una razionalità simili i paesi dell’UE non sembrano saperle mettere in campo. La strategia UE non può essere a macchia di leopardo, scoordinata: uno Stato pensa al soccorso dei migranti, l’altro chiude le frontiere. Uno stato concede asilo alla stragrande maggioranza dei richiedenti e si prende il carico per tutta l’Unione. Un altro ancora è capacissimo nelle investigazioni sui trafficanti a fronte di un altro totalmente inadeguato. Ognuno disegna le politiche migratorie che vuole e tratta i migranti come vuole.
Bisogna rispondere alla organizzazione dei criminali con altrettanta organizzazione. A razionalità con razionalità istituzionale. Alla rete con rete. Alla fiducia con fiducia. Organizzazione, razionalità, rete e fiducia tra gli Stati dell’Unione europea.
Dobbiamo farlo per salvare vite umane, dobbiamo farlo per evitare che la decina di miliardi di dollari che i trafficanti guadagnano ogni anno siano reinvestiti in altri business criminali che mettono a rischio anche la sicurezza delle nostre nazioni. Incluso il terrorismo internazionale.

La strategia che segue “disorganizza” il trafficante di migranti e richiedenti asilo. I trafficanti ci hanno detto cosa facilita il loro lavoro. Di conseguenza, sappiamo cosa lo disarticolerebbe.

La strategia che segue si basa su 3 pilastri, che dovrebbero essere i cardini di un’azione coordinata dell’Unione europea, messa in campo dai 28 Paesi tutti insieme: 1) repressione 2) prevenzione 3) protezione.

Una premessa. Molte degli interventi che qui vengono proposti potrebbero essere inserire in una Direttiva UE sul traffico di migranti e richiedenti asilo. C’è bisogno di una direttiva UE in materia penale sullo smuggling come quella, esistente e recente, sulla tratta di persone. D’altronde anche le Nazioni Unite hanno un protocollo della convenzione sulla criminalità organizzata transnazionale sul trafficking e uno sullo smuggling. E una direttiva permettere di includere e rendere omogenee negli Stati Membri regole di diritto penale, relative alla prevenzione del fenomeno alla protezione e all’assistenza dei migranti coinvolti.
Questa direttiva, proprio come quella sullo smuggling, dovrebbe istituire anche un coordinatore europeo per la lotta al traffico di migranti e di richiedenti asilo allo scopo di garantire un approccio uniforme in materia di lotta contro tale fenomeno nell’UE.

Repressione

La lotta contro lo smuggling deve rispondere al principio dell’uniformità di azione, dell’organizzazione capillare e della specializzazione. Deve permettere di lavorare su scala transazionale. Non è possibile fermarsi allo scafista e non arrivare ai boss che sono al sicuro nelle retrovie.

  1. Reati di smuggling severi e uniformi in tutti gli Stati UE. In tutti gli Stati UE l’agevolazione dell’immigrazione irregolare deve essere considerata una reato serio e tanto più serio quanto più coinvolge gruppi criminali organizzati. Sequestro e confisca di tutti i beni utilizzati per le attività di smuggling.
  2. Potenziare le attività di Eurojust (il pubblico ministero UE) in materia di “smuggling e illegal immigration” e creare team specializzati in ogni Stato Membro. Istituire gruppi di polizia e gruppi di pubblici ministeri specializzati in ogni paese della UE. Creare pool specializzati su singole etnia e criminalità organizzata e ovviamente sul migrant smuggling (anche per i terrorismi). In Italia la competenza di giustizia è già alle Distrettuali Antimafia. Bisognerebbe che in altri paesi UE fosse così e anche in Italia si potrebbero pensare pool dedicati all’interno delle distrettuali.
  3. Banche dati anti-traffico. Acquisire informazioni dai migranti e creare banche dati per tracciare profili delle reti di smuggler. Porti di partenza, contatti, tariffe, numeri di telefono, eventuali violenze subite. Uso di un sistema informativo centrale su questo tema e di un raccordo tra i sistemi informativi degli stati UE (tutti gli investigatori inseriscono gli atti, tutti li possono vedere). Questo consente di “connettere i punti” e di investigare senza fermarsi allo scafista.
  4. Collaborazione di polizia e di giustizia internazionali mirate e potenziate con stati “ponte”. Definizione di squadre di lavoro di magistrati e pubblici ministeri inter-Stati e accordi di collaborazione “specifici” di polizia e di giustizia. Accordi mirati, con gli stati “giusti”, con cui è possibile ancora lavorare ma che rappresentano “snodi” importanti del traffico (vedi Turchia o Egitto). Finanziamento di questi gruppi di lavoro con denaro UE. Questi accordi non dovrebbero essere presi tra uno stato dell’UE e lo stato straniero ma da tutta l’Unione e lo Stato straniero.
  5. Lotta agli intermediari criminali e alla corruzione negli Stati ponte. Colpire gli intermediari (vettori, agenzie di viaggi, albergatori, imprenditori) che facilitano il lavoro dei trafficanti di migranti e richiedenti asilo e la domanda di lavoro in nero negli stati di destinazione. Lotta alla corruzione delle forze di polizia e doganali soprattutto negli stati transito e negli “stati ponte” (vedi Turchia, vedi Grecia, Serbia).
  6. Lotta ai trafficanti 2.0. I trafficanti usano i social come Facebook e twitter, molto spesso alla luce del sole. Si può renderne più difficile l’uso e usare i social per fini di intelligence.

Prevenzione, riduzione delle opportunità, attacco delle cause

Bisogna abbandonare l’approccio emergenziale. Prevenire è meglio che curare. Basta regalare opportunità ai trafficanti di uomini. La prevenzione deve disarticolare il lavoro degli smuggler. Renderlo più difficile. L’agenzia di viaggi più spietata al mondo deve essere un’impresa per cui è sempre più complicato lavorare. Bisogna quindi offrire alternative legali ai richiedenti asilo.

  1. Realizzazione di una politica migratoria comune a livello UE con centri di gestione delle pratiche nei paesi di origine dei flussi. Bisogna impedire che ogni paese dell’Unione faccia di testa sua in materia di migrazione. Questa politica va pensata congiuntamente. Deve distribuire il carico tra i paesi in modo equo e deve essere “contrattata” con gli stati di origine. Negli Stati di origine devono essere conosciute le opportunità legittime di migrazione e le pratiche devono essere possibili in loco, attraverso uffici dell’UE. Più apertura intelligente e meno “Fortress Europe”. Meno repressione e più accoglienza intelligente, che non vuole dire apertura incondizionata. Vuole dire meno opportunità per i trafficanti e meno traffici illeciti.
  2. Corridoi umanitari. Centri per la richiesta di asilo in paesi vicini a quelli di origine. Non si deve permettere a un profugo afgano o siriano o somalo di arrivare fino ai confini dell’Unione europea per esercitare un suo diritto. Perché altrimenti si servirà dei trafficanti. Ad esempio l’UE potrebbe organizzare una base per la richiesta asilo in Turchia o Egitto, impedendo così ai trafficanti di lavorare dal Nord Africa o dalla Turchia.
  3. Attacco ai fattori che alimentano la domanda di traffico. Molti paesi dell’Unione europea hanno rapporti particolari con Stati di transito e soprattutto di origine dei flussi. Ex colonie. Paesi con stretti rapporti di collaborazione economica, ecc. Migliorare concretamente, con investimenti UE, la situazione. È la disperazione negli stati di origine che alimenta il “sogno”. Aiuto economico allo sviluppo in cambio di un maggiore controllo dei flussi in partenza. Aiuti che devono essere monitorati con risultati (outputs e outcomes) valutati.
    La domanda può essere scoraggiare anche attraverso apposite campagne di informazione e sensibilizzazione in loco finanziate dall’Unione europea e offrendo opportunità in loco. Questi sono investimenti a lungo termine in crescita economica e stabilità che hanno un ritorno virtuoso sull’Europa. Vuol dire avere paesi vicini stabili e floridi.
  4. Chiudere le falle. Attenzione alla vulnerabilità del sistema normativo che sono opportunità per lo smuggling. Ad esempio in Italia rivedere il sistema dei permessi di soggiorno stagionale nominativi che crea grandi occasioni per i trafficanti.
  5. Follow the money. Spesso i money remittance services sono usati per spostare il denaro cash necessario alle transazioni dello smuggling. L’Unione europea deve rendere più efficace il monitoraggio e il controllo di queste agenzie.
  6. Occhio ai documenti falsi. Migliorare la qualità dei documenti per evitare contraffazioni.

Soccorso, assistenza, protezione dei migranti

Al centro la protezione dell’essere umano. La dignità dei migranti e dei richiedenti asilo. L’Europa deve rispondere alla barbarie con la cultura dei diritti umani.

  1. Un Mare un po’ meno Nostrum e un po’ più europeo. Serve una vera e costante operazione umanitaria di salvataggio in mare, condivisa tra gli Stati UE. Con mezzi e uomini adeguati e soprattutto addestrati per evitare “tragedie” indotte. Con pattugliamenti aerei efficienti. Alimentata con le necessarie risorse. Triton, che ha rimpiazzato Mare Nostrum, non è un’operazione umanitaria. Bisogna tornare alla salvaguardia delle vita umana. A chi dice che questa operazione alimenterebbe i trafficanti rispondiamo che 1) quello che succedeva prima quando il riflettore non era puntato sul Mediterraneo nessuno lo sapeva e 2) che un’operazione di questo tipo non alimenta il traffico totale verso l’Unione, semmai lo rende più visibile o lo convoglia su una sola rotta. I migranti e i richiedenti asilo arrivano comunque. I trafficanti userebbero altre rotte.
  2. Assistenza e protezione. Gli stati membri devono garantire ai migranti oggetto di traffico assistenza e sostegno. Protezione alle “vittime” invece che espulsioni immediate o l’invio in centri di detenzione provvisoria. In qualità di vittime particolarmente vulnerabili, i minori non accompagnati devono beneficiare di misure complementari, quali l’assistenza fisica e psico-sociale, l’accesso all’istruzione e, all’occorrenza, la possibilità di designare un tutore o un rappresentante.

In conclusione: anticipare i criminali

  1. Prevedere le rotte future e le nuove mosse dei trafficanti, anche attraverso intelligence geostrategica. Alle risposte europee ci saranno contromosse delle organizzazioni smuggling. E continuare a studiare il piano delle risposte. Fondamentali sono lo studio e l’analisi delle rotte e delle organizzazioni criminali, anche attraverso una più intensa attività di intelligence geo-strategica. Bisogna prevedere un servizio informativo europeo sui temi di traffico e terrorismo e quelli di sicurezza interna ed esterna dell’Unione.

Non costi ma benefici

Tutto ciò costa? Sì. Aggregare pool investigativi, gestire banche dati costa. Ma quanto rende in termini di giustizia? Quanto vale smantellare reti criminali, tracciare il denaro che potrebbe anche indirettamente finanziare il terrorismo internazionale? Quanto fa risparmiare all’accoglienza di emergenza? L’immigrazione è una risorsa. Non può essere solo una emergenza.
I paesi dell’Unione europea comunque stanno spendendo molto in modo scoordinato, spesso da soli. Secondo Amnesty International, tra il 2007 e il 2013, l’Ue ha speso quasi 2 miliardi di euro per proteggere le frontiere, a fronte di 700 milioni per migliorare la situazione di richiedenti asilo e rifugiati al suo interno. E questo tira l’acqua al mulino del trafficante.

Tutto questo ci hanno fatto capire i trafficanti di migranti quando li abbiamo incontrati. E quando ci hanno detto guardandoci negli occhi: “è l’Europa, siete voi, ad alimentare il nostro business”. È arrivato il momento di dire “basta”.


Andrea Di Nicola, professore associato di criminologia e coordinatore scientifico di eCrime, Università degli Studi di Trento.
Giampaolo Musumeci, giornalista free-lance.

Confessioni di un trafficante di uomini (Chiarelettere, 2014) è stato pubblicato in questi mesi in Germania e Polonia e presto lo sarà in Francia.