Bombardare i barconi non serve a nulla

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– di Leonardo Bianchi –

Dopo la strage di Lampedusa del 2013, tutti erano più o meno concordi sul fatto che bisognasse fare qualcosa, e che non si sarebbero “mai più” dovute ripetere ecatombi di questa portata. A distanza di due anni, le stragi nel Mediterraneo non solo sono continuate come prima; sono diventate ancora più letali. Il 19 aprile, come noto, al largo della Libia hanno perso la vita tra i 700 e i 900 migranti nel più grave naufragio di sempre.

Ma se nel 2013 l’Italia aveva avuto un (apparente) sussulto di umanità, questa volta la situazione sembra sensibilmente peggiorata. I corpi recuperati sono stati sepolti a Malta, lontano dai riflettori e dagli occhi dell’opinione pubblica, e il dibattito politico si è subito innestato su binari fin troppo precisi.

Da più parti si è anche tornati a chiedere a gran voce il “blocco navale,” ignorando completamente i disastrosi risultati che ha portato questa misura quando è stata implementata a metà degli anni Novanta dal governo di centrosinistra di Romano Prodi—su tutti, basta ricordare la catastrofe dello speronamento della motovedetta Katër i Radës, una manovra della marina militare che ha causato più di 80 morti. […]

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